A favore della contraccezione circola un argomento che pretende di appigliarsi a ragioni personalistiche. Si potrebbe riassumerlo così: l'atto coniugale ha due funzioni, una biologica o procreativa, e una spirituale-unitiva.
Tuttavia esso è procreativo soltanto in potenza, mentre, di fatto e in sé, è sempre un atto di amore: esprime realmente l'amore coniugale e unisce gli sposi. Pertanto, benché la contraccezione frustri la potenzialità biologica o procreativa dell'atto coniugale, essa ne rispetta pienamente la funzione spirituale e unitiva; anzi la faciliterebbe, eliminando tensioni o timori che minacciano di attenuare l'espressione fisica dell'amore coniugale. In breve questa tesi afferma che, mentre la contraccezione sospende o annulla l'aspetto procreativo del rapporto sessuale-coniugale, ne lascia intatta la funzione unitiva.
Fino a qualche tempo fa l'argomento più comune contro il controllo delle nascite è stato quello per cui, essendo l'atto sessuale naturalmente ordinato alla procreazione, frustrare quest'ordine è andare contro naturam e, pertanto, agire illecitamente.
Ma questo modo di argomentare sarà soggetto a critiche se non si fanno alcune precisazioni: in effetti frustriamo altre funzioni naturali — quando, per esempio, mettiamo i tappi alle orecchie o ci turiamo il naso —, e la dottrina morale non ha mai sostenuto che un siffatto comportamento sia illecito. Perché allora è male impedire, per giustificati motivi, l'aspetto procreativo della relazione coniugale?
In ogni caso i difensori della contraccezione respingono l'argomento tradizionale come mero «biologismo», poiché ritengono che esso consideri l'atto coniugale solo nella sua funzione biologica o nelle sue possibili conseguenze biologiche, disattendendone la funzione spirituale, cioè la funzione di significare e attuare l'unione degli sposi. Coloro che propongono questa giustificazione della contraccezione coniugale — formulata in termini apparentemente personalistici — ritengono di sostenere una posizione positiva e forte. Se si vuole confutare efficacemente questo argomento e dimostrarne la fondamentale carenza, penso che si debba del pari sviluppare una argomentazione personalistica, fondata su una autentica comprensione personalistica del sesso e del matrimonio.
Come è evidente, l'argomento dei difensori della contraccezione è radicato in una tesi essenziale: l'aspetto procreativo e quello unitivo dell'atto coniugale sono separabili; vale a dire, l'aspetto procreativo può essere annullato senza viziare l'atto coniugale ne ledere la sua capacità di esprimere — in maniera propria e singolare — la realtà dell'amore e dell'unione coniugale.
Proprio questa tesi è stata ed è esplicitamente respinta dalla Chiesa. La ragione principale per cui la contraccezione risulta inaccettabile per la coscienza cristiana è, così come Paolo VI si è espresso nella Humanae vitae, la «connessione inscindibile che Dio ha voluto [...] tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo» [1]. Paolo VI ha affermato la loro connessione inseparabile, ma non è giunto a precisare perché questi due aspetti dell'atto coniugale sono tanto inseparabilmente connessi; o perché questa connessione è tale che viene a essere il fondamento stesso della valutazione morale dell'atto. Forse una serena riflessione — maturata nel corso di questi oltre vent'anni di dibattito — può condurci a rinvenire le ragioni per cui la Chiesa afferma questo principio: la connessione tra i due aspetti dell'atto è tale che la soppressione della sua capacità procreativa necessariamente ne distrugge il significato unitivo e personalistico. Se, per dirla altrimenti, si distrugge deliberatamente la capacità dell'atto coniugale di dare la vita, si distrugge anche la sua capacità di esprimere l'amore propriamente coniugale.
L'atto coniugale come atto di unione
Perché l'atto coniugale è considerato atto di autodonazione, l'espressione più peculiare dell'amore coniugale? Perché in questo atto, tutto sommato passeggero e fugace, si ravvisa un atto di unione'! In fin dei conti gli innamorati esprimono il loro amore e i loro desideri di unione in molti modi: guardandosi, scrivendosi, scambiandosi regali, camminando stretti per mano... Che cosa conferisce singolarità all'atto sessuale? Perché quest'atto unisce gli sposi come nessun altro atto? Che cosa ha da trasformarlo non solo in una esperienza fisica, ma anche in una esperienza d'amore? È il piacere singolare che l'accompagna? Il significato unitivo dell'atto coniugale rimane racchiuso soltanto nella sensazione, per quanto intensa sia, che è capace di produrre? Se l'intimità sessuale unisce due persone semplicemente perché da un piacere peculiare, sembra allora persuasivo che uno dei coniugi potrebbe talvolta incontrare una unione più profondamente significativa fuori del matrimonio piuttosto che in esso. Ne seguirebbe logicamente che un rapporto sessuale senza piacere è carente di significato, e che il sesso accompagnato al piacere — addirittura in una relazione omosessuale — ha pieno significato.
Non è così: l'atto coniugale può essere accompagnato o no dal piacere, ma il senso dell'atto non consiste nel piacere. Infatti il piacere derivante dall'atto coniugale, anche se intenso, è transeunte, laddove il significato dell'atto coniugale è intenso e non è fugace in quanto permane.
Per quale ragione allora tale atto dev'essere più significativo rispetto a qualunque altra manifestazione di affetto tra gli sposi? Perché quest'incontro è l'espressione più intensa di amore e di unione? Evidentemente per ciò che accade in quest'incontro, che non è un semplice contatto, ne una mera sensazione, bensì una comunicazione, una offerta e una accettazione, uno scambio di qualcosa che rappresenta in maniera del tutto singolare il dono e l'unione di due persone.
È importante non dimenticare che il desiderio degli sposi di donarsi reciprocamente, di unirsi, rimane, sotto il profilo umano, solo a livello intenzionale [2]. Ogni sposo può e anzi deve vincolarsi all'altro; ma non può dare realmente sé stesso all'altro. La massima espressione del desiderio di dare sé stesso è dare il seme di sé [3]. La donazione del proprio seme è molto più significativa e, in maniera peculiare, è molto più reale che la donazione del cuore. «Sono tuo; ti do il mio cuore. Prendilo», sono parole che rimangono sul piano della mera poesia, cui nessun gesto fisico può dare autentica corposità. Al contrario, «sono tuo, ti do il mio seme, prendilo», non è mera poesia, è amore. È l'amore coniugale incarnato in una singolare azione fisica attraverso la quale si esprime l'intimità — «ti do ciò che non do a nessuno» — e si perviene all'unione. «Prendi ciò che ti do: il seme di un nuovo io. Unito a tè, a ciò che tu stai per danni, al tuo seme, si convertirà in un nuovo tu-e-io, frutto della nostra reciproca conoscenza e del nostro reciproco amore». È questa la massima approssimazione possibile al dono coniugale di sé e all'accettazione della reciproca donazione sponsale.
Pertanto quel che fa dell'atto coniugale una relazione e una unione singolari non è la partecipazione a una sensazione, bensì la partecipazione a un potere: un potere fisico e sessuale, che è straordinario proprio perché possiede un orientamento intrinseco alla creatività, alla vita. Nell'autentico rapporto coniugale ogni sposo dice all'altro: «Io ti accetto come di più non accetto nessuno. Tu sei unico per me, così io per tè. Tu, e tu solo, sei mio marito; tu sola sei mia moglie. E la prova della tua singolarità per me è il fatto che solo con tè sono disposto a essere partecipe di questo potere divinamente dato e orientato alla vita».
In ciò consiste l'essenza singolare del congiungimento coniugale. Ogni altra manifestazione di affetto non va aldilà del gesto; è un simbolo della desiderata unione. Ma l'atto coniugale non è un mero simbolo. Nel rapporto sessuale genuino tra gli sposi c'è uno scambio reale: avvengono la donazione e l'accettazione integrali della mascolinità e della femminilità coniugali. E a testimonianza della relazione coniugale e dell'intimità dell'unione sponsale rimane il seme del marito nel corpo della moglie [4].
Se al contrario si annulla deliberatamente l'apertura alla vita, propria dell'atto coniugale, si distrugge il suo potere intrinseco di esprimere l'unione coniugale. La contraccezione trasforma l'atto coniugale in auto-inganno, in bugia: «Ti amo tanto che con tè, e solo con tè, sono disposto a partecipare di questo singolarissimo potere...». Ma quale potere singolare? In un atto contraccettivo non si partecipa di alcun potere peculiare, se non quello di produrre voluttà. Ma allora la singolarità dell'atto coniugale si riduce a piacere: il suo significato è scomparso.
Il rapporto sessuale contraccettivo è un esercizio privo di autentico senso umano, come l'esercitarsi nei movimenti di una canzone senza lasciare che alcun suono musicale promani dalle labbra. Qualche lettore ricorderà forse i «duetti» d'amore di Jeannette McDonaId e Nelson Eddy, due grandi cantanti — stelle di Hollywood — dei primi anni dei talkies. Che assurdità se avessero cantato un duetto «silenzioso», facendo i gesti di alcune canzoni, ma senza lasciare che la corde vocali producessero alcun suono intelligibile; niente più che riverberi senza senso... movimenti che non dicono nulla. La contraccezione si pone a questo livello. Gli sposi usi a metodi contraccettivi si intrattengono in movimenti corporei, ma impiegano un «linguaggio del corpo» che non è veramente umano [5]. Non consentono che i loro corpi comunichino mutuamente, secondo una modalità sessuale intelligibile. Seguono i ritmi di una canzone d'amore, ma la canzone non c'è.
La contraccezione non è soltanto un atto carente di senso, ma contraddice il significato essenziale che il vero rapporto sessuale sponsale deve avere, affinchè esprima la mutua donazione totale e incondizionata [6]. Invece di accettarsi nella loro totalità gli sposi che fanno uso dei contraccettivi si negano parzialmente, perché la fertilità è parte di ognuno di loro; essi rifiutano una componente del loro mutuo amore: la propria capacità di dare frutto.
Una coppia può affermare: non vogliamo che il nostro amore sia fecondo; ma, se è così, c'è una contraddizione insita nel loro proposito di esprimere l'amore mediante un atto che, per sua stessa natura, presuppone un amore fruttuoso; e c'è più forte contraddizione quando, nell'effettuare tale atto, sopprimono intenzionalmente l'orientazione alla fertilità da cui appunto scaturisce la propria capacità di esprimere la peculiarità dell'amore. Nell'unione coniugale autentica il marito e la moglie devono sperimentare la vibrazione della vitalità umana alle sue stesse fonti [7]. Nel caso di una coppia dedita ai contraccettivi gli sposi sperimentano la sensazione, ma questa rimane svuotata di vitalità reale. L'effetto anti-vita della contraccezione non si limita al «no» verso il possibile frutto dell'amore, ma tende a privare di vita lo stesso amore. Questa è la dura logica della contraccezione: ciò che è contro la vita si trasforma in «antiamore». L'effetto devitalizzante della contraccezione distrugge l'amore, minacciandolo col precoce invecchiamento e la morte prematura.
E opportuno a questo punto prevenire una possibile critica, secondo cui la nostra tesi si baserebbe su un'alternativa incompleta in quanto sembra sostenere che l'atto coniugale o è procreativo oppure è meramente edonistico. Gli sposi che adottano i contraccettivi non potrebbero confutare tale tesi tramite la sincera affermazione che nel loro rapporto coniugale non ricercano soltanto il piacere, ma sperimentano ed esprimono l'amore reciproco?
È bene chiarire la nostra posizione su tale tema. Non vogliamo affermare che gli sposi che ricorrono ai contraccettivi non si amino nel loro rapporto sessuale, ne che questo rapporto non esprima una certa peculiarità nella loro relazione. Il nostro pensiero è che questo rapporto non esprime la singolarità della relazione coniugale: l'amore può essere più o meno presente nel rapporto contraccettivo, ma certamente l'amore coniugale non si esprime tramite esso. Inoltre, in tal caso, l'amore coniugale può sentirsi minacciato. Quegli sposi vivono nel sospetto che se l'atto che compiono può costituire per ciascuno di loro una donazione privilegiata di piacere, esso può anche essere una mera ricerca egoistica di voluttà. È logico allora che il rapporto coniugale sia turbato da un senso di falso o di vuoto. Infatti gli sposi vorrebbero basare la singolarità della loro relazione coniugale su un atto di piacere, ma poi rifiutano di esprimere tale relazione nella dimensione coniugale — veramente unica — di amorosa co-creatività, la cui vitalità è capace di far sì che ognuno si apra non solo all'altro, ma pure alla ricchezza e ai valori della vita e di tutta la creazione.
Amore sessuale & conoscenza sessuale
Se l'atto coniugale è un momento di donazione mutua ed esclusiva, ciò avviene perché esso consiste nel dono e nell'accettazione di qualcosa di unico. Orbene, questo «qualcosa» non è soltanto il seme (asserire tale tesi condurrebbe facilmente a una forma di «biologismo»), ma la pienezza della sessualità di ciascuno dei coniugi. Dio ha creato l'uomo in una dualità — maschio e femmina — capace a sua volta di trasformarsi in una trinità. Le differenze tra i sessi manifestano pertanto un piano divino di complementarità, di auto-consumazione, di auto-realizzazione anche attraverso l'auto-perpetuazione. Non è bene per l'uomo stare solo perché da solo non può realizzarsi: ha bisogno degli altri e in modo particolare dell'altro, di un compagno, di un marito, di una moglie. L'unione con un coniuge, l'unione sensuale e sponsale nella donazione reciproca, sono di norma una condizione dello sviluppo umano e della realizzazione personale.
Il matrimonio è pertanto un mezzo di auto-realizzazione nell'unione. Il marito e la moglie si uniscono nella mutua conoscenza e nel mutuo amore: un amore che non è soltanto spirituale ma anche corporale; e una conoscenza, alla radice dell'amore, che non è meramente intellettuale bensì anche corporale. L'amore coniugale degli sposi deve essere fondato anche sulla conoscenza carnale. Ciò non deve sorprendere, perché è qualcosa di assolutamente umano e logico. Singolarmente espressive sono le parole della Bibbia allorquando, nel riferirsi al rapporto sessuale, essa dice che marito e moglie «si sono conosciuti». Adamo conobbe Èva, afferma la Genesi. Non c'è commento più efficace a questa modalità espressiva della Bibbia in merito al rapporto coniugale inteso come forma di mutua conoscenza.
Quale conoscenza peculiare si comunicano marito e moglie? La conoscenza della totalità della reciproca condizione umana di sposi. Ognuno «scopre» l'intimo segreto all'altro: il segreto della sua umana e personale sessualità. Ognuno è svelato all'altro veramente come sposo, e giunge a conoscere l'altro nella peculiarità dell'autorivelazione e dell'autodonazione sponsali. Ognuno si lascia conoscere dall'altro donandosi reciprocamente, in qualità appunto di marito e moglie.
Niente minaccia di più un matrimonio che la resistenza a conoscere e ad accettare integralmente il coniuge, o a lasciarsene conoscere pienamente. Il matrimonio è in pericolo costante per la possibilità che uno dei coniugi celi qualcosa all'altro, trattenendo per sé una qualche conoscenza che non intende trasmettere all'altro [8]. Ciò può accadere a tutti i livelli della comunicazione interpersonale, a livello fisico come a quello spirituale.
In molti matrimoni contemporanei c'è qualcosa nei coniugi e tra di loro che ognuno dei due non vuole conoscere, con cui non ama confrontarsi, che vorrebbe evitare; e questo qualcosa è la sessualità in tutte le sue dimensioni. Ne segue che, non essendo disposti a consentire una piena conoscenza carnale reciproca, non si conoscono con una conoscenza vera, ne come esseri sessuali, ne come esseri umani, ne come coniugi. Ciò sottopone il loro amore coniugale a una tensione esistenziale terribile, fino alla rottura.
Nel vero rapporto sessuale sponsale ciascun coniuge rinuncia a ogni comportamento di auto-possesso difensivo, al fine di possedere pienamente l'altro ed essere pienamente posseduto. Questa pienezza dell'autentico dono sessuale e dell'autentico possesso sessuale si consegue soltanto nell'atto coniugale aperto alla vita. È solo nel rapporto sessuale procreativo che i coniugi si scambiano l'un l'altro la vera «conoscenza», che si parlano umanamente e intelligibilmente, che realmente si rivelano nella pienezza delle proprie attualità e potenzialità umane. Ognuno dona e ognuno accoglie la piena conoscenza coniugale dell'altro. Tramite il «linguaggio del corpo» ogni sposo pronuncia una parola d'amore che, oltre a essere una «autoespressione», una immagine del proprio io, comunica il proprio desiderio dell'altro. Quelle due parole d'amore, nell'incontrarsi, si fondono in una sola. E mentre questa nuova parola d'amore prende corpo, Dio può plasmarla in una persona, il figlio: l'incarnazione della conoscenza sessuale degli sposi e dell'amore sessuale-coniugale che hanno l'uno per l'altro.
Nella contraccezione gli sposi non vogliono che la parola — quella che la loro sessualità desidera pronunciare — prenda carne. Essi non sono neanche disposti a esprimere quella parola in modo veritiero. Rimangono umanamente impotenti di fronte all'amore, carnalmente muti di fronte a sé stessi, incapaci di proferire una sola autentica parola sessuale.
L'amore sessuale è amore dell'intera persona maschile o femminile, corpo e spirito, ed esso è falsato se il corpo e lo spirito non dicono la medesima cosa. Con la contraccezione l'atto corporale parla della presenza di un amore che lo spirito nega. Il corpo dice: «Ti voglio totalmente», laddove lo spirito proclama: «Ti voglio con riserva». Il corpo dice: «Ti cerco», mentre lo spirito asserisce: «Non ti accetto, non accetto tutto di tè».
Il rapporto sessuale contraccettivo si trasforma in una pantomima, raffigura un linguaggio del corpo stravolto, esprime il rifiuto dell'altro, come se ognuno dei coniugi dicesse: «Non voglio conoscerti come mio marito o come mia moglie; non sono disposto a riconoscerti come mio sposo. Voglio qualcosa da tè, ma non la tua sessualità, e se ho qualcosa da darti, qualcosa che ti lascio prendere, non è la mia sessualità» [9].
Può essere opportuno soffermarsi su un punto cui ci siamo brevemente riferiti in precedenza. La negazione che caratterizza il rapporto reciproco di tali coniugi non si dirige soltanto verso i figli, ne unicamente verso la vita o verso il mondo: la negazione è diretta reciprocamente l'uno verso l'altro. «Ti voglio, ma ti voglio sterile...», è lo stesso che dire: «Non voglio tutto ciò che mi puoi offrire. Ho calcolato la misura del mio amore, e non è sufficientemente grande; non è capace di assumerti completamente. Preferisco un "tu" ristretto, ridotto alla misura del mio amore...». Il fatto che ambedue gli sposi possano essere d'accordo nell'accettarsi reciprocamente sminuiti non preserva il loro amore — o la possibilità di arrivare a un'autentica felicità — dagli effetti di una così forte svalutazione umana e sessuale.
Il rapporto sessuale normale tra coniugi realizza pienamente la mascolinità e la femminilità. L'uomo si afferma come uomo e sposo, e la donna come donna e sposa. Nel rapporto contraccettivo si esprime soltanto una sessualità menomata. Nel suo significato più vero la sessualità non si afferma per niente. La contraccezione costituisce una tale negazione a lasciarsi conoscere, da non dare adito in assoluto a una vera conoscenza carnale. Una profonda verità umana convalida il principio teologico e giuridico secondo il quale un rapporto sessuale mediante contraccettivi non consuma il matrimonio.
Pertanto il rapporto sessuale contraccettivo non è vero rapporto sessuale. Questa è anche la ragione per la quale le alternative offerte in merito rimangono insufficientemente espresse nell'affermazione secondo cui, se l'atto sessuale è contraccettivo, allora è meramente edonistico. Ciò può essere più o meno vero, ma ciò che è sicuramente vero — a un livello molto più profondo — è che se l'atto sessuale è contraccettivo, allora non è sessuale. Nella contraccezione c'è un rapporto o scambio di sensazioni, ma nessuna conoscenza sessuale vera, ne autentico amore sessuale: non c'è alcuna rivelazione o comunicazione sessuale di sé, come pure nessuna donazione sessuale reciproca. Ne segue che la scelta dei contraccettivi costituisce di fatto il rifiuto della sessualità. La deformazione dell'istinto sessuale di cui soffre la società moderna esibisce — più che un eccesso o un'esaltazione del sesso — la mancanza di un'autentica sessualità umana. Il vero rapporto coniugale sessuale unisce, mentre la contraccezione separa a tutti i livelli in quanto scinde il sesso non soltanto dalla procreazione, ma anche dall'amore; allontana il piacere dal significato e il corpo dallo spirito; alla fine separa inesorabilmente il marito dalla moglie e la moglie dal marito.
Le coppie che usano contraccettivi, se riflettono, si rendono conto che la loro vita coniugale soffre un intimo malessere. Le alienazioni che sperimentano sono segno e conseguenza della grave violazione dell'ordine morale imputabile alla contraccezione. Solo un impegno risoluto a rompere con le pratiche contraccettive può sanare il malessere che travaglia la vita matrimoniale. Per questo motivo la dottrina della Humanae vitae, così come tutto il magistero papale sul tema, lungi da una cieca adesione a posizioni superate, costituisce una difesa chiara e preveggente della innata dignità e del vero significato della sessualità umana e coniugale.
Sessualità procreativa & auto-realizzazione
La nostra argomentazione ha teso a dimostrare che il rapporto coniugale contraccettivo non è in grado di attingere alcun vero fine personalistico: non afferma alcuna «autorealizzazione» nel matrimonio, bensì la elude. Ma — occorre domandare — consegue da ciò che solo il rapporto sessuale procreativo porti alla realizzazione personale? Ritengo di sì, e la ragione si rinviene nella natura stessa dell'amore. L'amore è creativo. L'amore divino — se possiamo esprimerci così — ha spinto Dio a creare. L'amore umano è fatto a immagine di quello divino e pertanto è volto alla creazione; se deliberatamente non lo fa resta frustrato. L'amore tra due persone le induce all'azione, a far cose insieme. Ciò che vale per l'amicizia in generale, si applica in modo singolare all'amore tra i coniugi. Una coppia davvero innamorata vuoi operare congiuntamente, fare, se possibile, qualcosa di «originale» insieme. Non c'è niente di più originale per due persone innamorate che il proprio figlio: l'immagine e il frutto della loro unione. Ecco perché il «valore» matrimoniale è quello di avere figli; qualsiasi altro significato surrogato non soddisfa l'amore coniugale.
Il rapporto coniugale procreativo è autoaffermativo anche perché solo in tale contesto gli sposi sono aperti a tutte le possibilità del loro reciproco amore; pronti ad arricchirsi e a realizzarsi non solo per realizzare ciò che a essi è offerto, ma anche per rispondere positivamente a quanto da loro si esige. Più profondamente, il rapporto coniugale procreativo «realizza» perché incanala il desiderio umano di autoperpetuazione: lo esprime e non lo contraddice, come fa invece la contraccezione. E con aneliti di vita e non di morte che l'amore si alimenta e cresce. Quando nasce un figlio in un matrimonio normale, marito e moglie gioiscono scambiandosi il figlio l'un l'altro. Se sventuratamente il figlio muore non vi sono lacrime che leniscano il dolore. Parimenti gli sposi dovrebbero piangere l'atto contraccettivo: un atto sterile e desolato che rifiuta la vita destinata a ravvivare sempre l'amore, e che potrebbe uccidere quella vita cui il proprio amore naturalmente desidera dare origine. L'atto contraccettivo può procurare soddisfazione fisica, ma nessuna autentica gioia. La vitalità di sensazione nell'atto sessuale deve corrispondere a una vitalità di significato, considerando — come s'è detto — che la sensazione non ne costituisce il significato. La stessa esplosione di piacere che si accompagna all'atto fa pensare alla grandezza della creatività sessuale. In ogni rapporto sessuale dovrebbe esserci qualcosa della magnificenza — del vigore e del potere — della Creazione di Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma. E il dinamismo non di una sensazione, ma di un evento: di qualcosa che accade, di una comunicazione di vita. Ma, se l'intensità del piacere non serve a destare la comprensione piena e consapevole della grandezza dell'esperienza coniugale, manca l'autentica coscienza sessuale che caratterizza l'atto: mi sto donando — dono la mia capacità creativa, la mia potenza vitale — non solo a un'altra persona, ma ali 'intera creazione; alla storia, all'umanità, ai piani di Dio. «L'uomo e la donna, unendosi tra loro [nell'atto coniugale] così strettamente da divenire "una sola carne", riscoprono, per così dire, ogni volta e in modo speciale, il mistero della creazione» [10].
C'è un ultimo fattore che non va trascurato: è evidente che tutta la questione che dibattiamo presenta gravi complicazioni, appunto per la potenza dell'istinto sessuale. Dobbiamo tuttavia comprendere che è la forza stessa di tale istinto a rinviare a una consapevolezza adeguata della sessualità. L'elementare buon senso suggerisce che la potenza dell'impulso sessuale deve corrispondere a profonde aspirazioni e necessità umane. Tradizionalmente si è ritenuto di spiegare l'istinto sessuale collegandolo alla demografia: così come abbiamo l'istinto di mangiare per conservare la vita individuale, allo stesso modo possediamo l'appetito sessuale per assicurare la vita della specie. Questa spiegazione ha un suo valore, ma risulta insufficiente. Il desiderio sessuale — la forza del desiderio sessuale — certo non obbedisce solo a bisogni cosmici o collettivistici, ma anche a necessità personalistiche. Se l'uomo e la donna avvertono il profondo desiderio dell'unione sessuale il motivo è da ricercare anche nel fatto che essi sentono — ognuno personalmente — un forte bisogno di tutto quel che è insito nell'autentica sessualità: donazione reciproca, complementarità, realizzazione personale, autoperpetuazione nell'unione coniugale.
L'esperienza completa della sessualità coniugale è densa di piacere poliedrico. La semplice soddisfazione fisica del mero istinto sessuale è infatti accompagnata e arricchita dalla soddisfazione personale di desideri molto più profondi e intensi di quanto non comporti la semplice sessualità, non restando viziata o amareggiata dalla frustrazione. Se viene denunciata una continua e crescente frustrazione come principale effetto della contraccezione, ciò si deve al fatto che la mentalità contraccettiva priva la forza dell'impulso sessuale del suo autentico senso e della sua finalità, presumendo poi di trovare una completa esperienza sessuale e una piena soddisfazione erotica in ciò che è tutt'al più un mero rilassamento fisico.
NOTE
[1] Enc. Humanae vitae, 12.
[2] È ovvio che non parliamo della donazione che una persona può fare di sé a Dio.
[3] Per «seme» s'intende qui tanto l'elemento procreativo femminile quanto quello maschile.
[4] In tal modo l'originalità o la singolarità della decisione di sposarsi con una persona determinata resta di fatto riaffermata in ogni atto coniugale. Attraverso tutti e singoli gli atti di un vero rapporto sessuale ogni coniugo è confermato nella sua peculiare condizione di marito o di moglie.