«Perché una donna non può somigliare di più a un uomo?», lamentava Henry Higgins in My Fair Lady. Oggi non gli si lascerebbe passare l'osservazione senza che qualcuno (non necessariamente femminista) ribattesse il quesito: «E perché un uomo non può somigliare di più a una donna?». Altri non solo respingerebbero ambedue le recriminazioni, ma persino contesterebbero l'importanza che un uomo somigli a un uomo e una donna somigli a una donna. Peraltro, se interrogati, ben difficilmente essi saprebbero precisare che cosa significhi propriamente essere uomo o donna, a parte le ovvie differenze anatomiche. In realtà viviamo in un periodo storico in cui la distinzione tra i sessi sta diventando confusa, i caratteri sessuali sono di scarsa importanza e l'identità sessuale rischia di perdersi.
E difficile oggigiorno parlare di sesso o di ruoli sessuali senza sembrare — o esser tacciati — di avere più simpatia per gli uomini o per le donne'. Personalmente, ho simpatia per gli uni e per le altre. Tuttavia, ai fini del presente argomento, ho una speciale simpatia per la differenza. Vive la différence!: c'è infatti pericolo che questa differenza non sopravviva nelle nostre società occidentali, tranne che per un minimo aspetto fisico, soggetto peraltro a crescente mutevolezza.
La sessualità viene desessualizzata nelle società occidentali contemporanee. Viene ridotta a un rapporto meramente fisico tale che, a quel punto, non è neppure più sessuale. Il significato più propriamente umano del sesso è stato trascurato o dimenticato, e viene sottaciuto o quasi il fatto che l'uomo e la donna si arricchiscono reciprocamente non soprattutto per l'accoppiamento fisico dei corpi, ma per l'interazione delle loro caratteristiche complementari legate al sesso, per la loro specifica maniera di realizzare un essere umano.
Paradossalmente, la desessualizzazione della vita moderna è particolarmente evidente nel campo della «educazione sessuale». L'educazione sessuale ha seguito una linea non di sviluppo e miglioramento, ma d'impoverimento. Avendo preso le mosse principalmente dall'inculcamento di fatti biologici, essa è divenuta in un certo senso sub-biologia, insegnando ai giovani in qual modo impegnarsi in un'attività fisica evitando però le conseguenze biologiche naturali. L'educazione sessuale «priva di valori», oggi così diffusa, prescinde da ogni considerazione finalistica del sesso, che aiuterebbe le persone a comprenderne il perché e lo scopo, la sua effettiva importanza per l'arricchimento della persona e della società. Non c'è educazione a una vera antropologia del sesso, che cerchi di comprendere in che modo la sessualità umana differisca dalla sessualità meramente animale, di scoprire ed evidenziare quei caratteri e quei valori che stanno dietro agli aspetti meramente fisici o fisiologici. E nemmeno c'è una qualche educazione alla psicologia della sessualità, volta non solo a capire questa grande realtà umana, ma anche a viverla in pratica, così da adeguarvisi e venir realizzati dalle sue potenzialità, non lasciando che vadano perdute o ci si senta frustrati per il loro uso improprio.
Abbiamo ragione di contestare questa «educazione sessuale» che viene oggi impartita ai giovani in quasi tutte la scuole statali e in molte scuole private. Ma la nostra contestazione acquisterà maggior vigore se precisiamo che quella che viene impartita non è una cattiva educazione sessuale, ma non è affatto educazione sessuale: è un'educazione alla desessualizzazione. I giovani sono educati a diventare degli individui desessuati, dei cittadini unisex, anziché uomini e donne. La principale conseguenza di una cultura e di un'educazione unisex è il fallimento di un effettivo sviluppo della persona, poiché il primo passo nel porre l'identità umana e la personalità di qualcuno coincide con Io sforzo di diventare, rispettivamente, un uomo o una donna.
La corretta umanizzazione della persona viene gravemente limitata se essa non impara a distinguere e ad apprezzare la mascolinità e la femminilità. Minando la crescita dell'individuo, l'unisessismo ha effetti negativi sull'intera società. Per poter essere veramente umana la società ha bisogno di uomini e di donne. Una società unisex è destinata a perdere nerbo e umanità e ad attenuare notevolmente la sua coesione.
Ciò ha speciale rilevanza per la famiglia, dove si realizza la basilare solidarietà di una società. Una concezione di vita unisex rende quasi impossibile l'effettiva realizzazione di un matrimonio o di una famiglia, poiché la singolare esperienza fonte di felicità e di realizzazione personale che dalle relazioni coniugali o familiari ci si attende è legata in modo essenziale e non accidentale alla differenza e alla complementarità dei ruoli sessuali.
Complementarità sessuale? Ma quest'idea della complementarità tra i sessi, o dell'interdipendenza tra i sessi si chiedono alcuni non appartiene forse a una visione culturale superata? Non è forse vero che oggi si tende ad affermare il diritto dell'individuo alla propria identità personale e alla ricerca della realizzazione di sé stesso nel modo che si vuole, senza inutili dipendenze?
Buona parte del mondo moderno sembra essere convinta che la realizzazione della propria identità personale consista nella totale autonomia dell'individuo. Ma questa posizione dovrebbe essere riconosciuta (almeno da parte dei cristiani) per quella che è: il ripetersi su scala generalizzata della tentazione originaria di Adamo ed Èva: realizzare sé stessi, forgiare con le proprie mani la conoscenza del proprio destino, di ciò che è bene o male a tale scopo; creare quel destino senza subordinarci a Dio o ad altri [2]. Il risultato di questa ribellione contro il piano della creazione fu quello di portare nel mondo il disordine, insidiando ogni aspetto di quel progetto divino volto a promuovere lo sviluppo umano. La sessualità rappresenta un aspetto importante di questo piano divino, poiché in gran parte l'ordine del mondo è di fatto costruito intorno alla natura e alle caratteristiche del rapporto tra i sessi. Possiamo intendere la sessualità in modo corretto od erroneo: una valutazione sbagliata ha effetti negativi su scala personale e sociale. Oggi il significato vero della sessualità viene radicalmente frainteso e di continuo distorto, col risultato che vi è pericolo che si estingua, che si perda un tesoro dell'umanità.
Ciascun sesso è immagine parziale di Dio
Che cos'è dunque realmente la sessualità umana? I sessi sono effettivamente complementari e interdipendenti? È vero che l'uomo e la donna hanno bisogno l'uno dell'altra? E se è vero, con quale finalità? La loro complementarità sessuale ha significato solamente ai fini della procreazione? Oppure ha unicamente lo scopo di stabilire una relazione di reciproco appoggio e soddisfazione fra uomo e donna? Mi sembra che una risposta esauriente a questi interrogativi metta in luce che la sessualità ha finalità più vaste e profonde, in un ambito ben più ricco e stimolante.
La sessualità è stata fatta da Dio e la chiave per la sua comprensione si rinviene in Lui. Urge come non mai ritornare al suo disegno sul sesso, al suo piano e scopo, quali emergono chiaramente fin dall'inizio.
«Dio creò l'uomo a sua immagine», si dice nel primo capitolo del libro della Genesi (1, 27). E proprio da questo essere «immagine» di Dio che l'umanità trae la propria singolare dignità; ivi è la chiave dell'umana identità, del suo sviluppo e destino. Ma la Genesi dice ancora qualcosa: «A immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò». L'uomo è stato creato in duplice modalità: maschio e femmina. Perciò è insieme che i due sessi sono immagine di Dio. In ciò risiede la peculiare dignità, come pure la fondamentale uguaglianza fra i due sessi. Ognuno dei due sessi è una (parziale) immagine di Dio [3]. Insieme, nella loro complementarità, essi ne costituiscono un'immagine più piena. «L'uomo e la donna sono creati, cioè sono voluti da Dio: in una perfetta uguaglianza per un verso, in quanto persone umane, e, per l'altro verso, nel loro rispettivo essere di maschio e femmina. "Essere uomo", "essere donna" è una realtà buona e voluta da Dio: l'uomo e la donna hanno una insopprimibile dignità, che viene loro direttamente da Dio, loro Creatore. L'uomo e la donna sono, con una identica dignità, "a immagine di Dio"» [4].
Essa si manifesta in entrambi, uomo e donna, e dovrà essere scoperta dall'uno e dall'altra nella loro reciprocità e nei molteplici modi in cui essi si rapporteranno. Se si distrugge la relazione vera fra i due sessi, l'essere umano non riuscirà più a conseguire la propria identità. Papa Giovanni Paolo II, nella sua catechesi sull'amore umano, afferma: «La ricerca dell'identità umana di colui che all'inizio è "solo", deve passare sempre attraverso la dualità, la "comunione"» [5]. La sessualità è per natura ordinata alla peculiare comunione del matrimonio, l'unione per tutta la vita di un uomo e di una donna, con le due finalità collegate: la procreazione dei figli come frutto ed espressione dell'amore coniugale e lo sviluppo degli sposi come persone (il bonum coniugum) attraverso la reciproca donazione dei coniugi. Queste finalità si rinvengono chiaramente nei due racconti scritturistici della creazione dei sessi: «Siate fecondi e moltiplicativi» (Gn 1, 28) e «Non è bene che l'uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gn 2,18).
La sessualità non è solo in funzione del matrimonio
Ma il quadro va completato. La sessualità non è solo in funzione del matrimonio; al di fuori dell'ambito matrimoniale, è una realtà che incide profondamente — dovrebbe incidere — sui principali aspetti della vita umana e sociale. Mentre la sua dimensione procreativa assicura il futuro del genere umano, la sua dimensione relazionale è destinata ad assicurarne anche il presente, quale forza e fattore di umanizzazione dei rapporti sociali. Non è bene che l'uomo o la donna siano soli. Il fatto che imparino a vivere in relazione reciproca è destinato ad aiutare ciascuno di essi a scoprire i valori umani — e tramite questi a scoprire Dio — con l'unione della mascolinità e della femminilità [6].
La dignità umana è identica nell'uomo e nella donna, ma non identici sono i ruoli sessuali e il tentativo di abolire le differenze tra questi ruoli ha effetti decisamente negativi sulla vita personale, familiare, sociale e religiosa. L'assegnazione di specifici, distinti ruoli sessuali all'uomo e alla donna, o la tesi che certe qualità umane sono — o dovrebbero esserlo — caratteristiche peculiari dell'uomo e altre della donna, non concorda con la mentalità unisex. L'unisessismo tende a ravvisarvi il tentativo di stabilire priorità, anziché un'asserzione di complementarità. Attribuire, inoltre, una certa qualità come più tipica dell'uomo o della donna non significa che la stessa qualità non possa trovarsi anche nell'altro sesso. Il fatto è piuttosto che ciascun sesso tende a rispecchiare o a incarnare certe qualità umane, spirituali — in qualche modo riflesso di Dio — che servono da modello anche all'altro sesso perché le impari. La complementarità implica che ciascun sesso può essere per l'altro fonte di ispirazione umanizzante e guida alla crescita e alla maturità personale.
La psicologia e l'educazione sessuale tradizionali muovevano dall'idea che la tendenza dell'uomo è di affermare e realizzare sé stesso di preferenza nell'ambiente esterno, diversamente dalla donna che si afferma e realizza in casa. Oggi questo orientamento antropologico non riscuote consensi, anche se forse non è giusto rigettarlo senza soppesarne le possibili profonde implicazioni. Dopo tutto, è facilmente osservabile che l'uomo è di preferenza orientato alle cose o alle situazioni, mentre la donna più alle persone [7]. Analogamente, se si dovesse considerare un'altra frequente generalizzazione — cioè che l'uomo possiede maggiori attitudini per gli aspetti tecnici della vita e la donna per quelli umani — potrebbe conseguire, se fosse vero, che la donna ha rispetto all'uomo una più alta capacità di umanizzare la vita.
Si da il caso che io condivida quest'ultima prospettiva; perciò, pur essendo pienamente d'accordo con l'idea moderna che la donna debba essere libera di seguire qualunque carriera voglia scegliere nel mondo delle professioni e del lavoro, ritengo fermamente che sia la società sia la donna stessa sarebbero perdenti se quest'ultima non portasse i suoi peculiari talenti femminili e umanizzanti in quelle mansioni. La sua presenza, con quei talenti, nei settori pubblici è sommamente urgente oggi che i valori umani corrono il rischio di essere sommersi dalla tecnologia.
Relazioni sessualmente connotate
Altrove ho precisato che gli sposi che evitano le conseguenze procreative del sesso impoveriscono la loro relazione coniugale e sessuale [8]. Il mio proposito è qui invece quello di puntualizzare che noi tutti possiamo fallire nella maturazione e nell'arricchimento personale, durante il processo di sviluppo dell'identità personale sessuata e di apprendimento a stabilire relazioni sessualmente valide con gli altri, in tutte le modalità dei rapporti maschio-femmina: del singolo col singolo; del singolo con la persona sposata e viceversa, del ragazzo con la ragazza, del celibe o della nubile con l'altro sesso. È questo aspetto relazionale del sesso che intendo prendere in considerazione. Benché la sessualità e i ruoli sessuali coinvolgano l'intera area della crescita personale e della vita sociale, prenderò in considerazione solo le relazioni sessuali all'interno della famiglia: marito e moglie; padre o madre con figlio o figlia e viceversa; fratello e sorella, sorella e fratello. La trattazione sarà necessariamente sommaria e incompleta.
Marito & moglie
Un uomo ha bisogno di trovare la donna nella propria moglie; la sua mascolinità aumenterà in risposta complementare alla femminilità di lei. E una donna ha bisogno di trovare l'uomo nel proprio marito; la sua femminilità crescerà in risposta alla mascolinità di lui. Perciò, nella misura in cui ciascuno dei coniugi risponde a ciò che è complementare nell'altro, egli o essa cresce, ritrova sé stesso e accresce inoltre la propria identità sessuale.
Nella moglie, la donna stimolerà la sessualità del marito; nel marito, l'uomo stimolerà la sessualità della moglie. Qualcosa di molto importante non va in un matrimonio dove i coniugi non siano in grado di evocare una risposta sessuale reciproca. Ma perché mai, mi domando, una simile affermazione ci induce a pensare solo in termini di risposta fisica o di eccitazione corporale? Non vuoi forse dire che si accoglie una visione straordinariamente ristretta della sessualità?
La sessualità — il carattere sessuale — dovrebbe essere fonte di continua motivazione e ispirazione tra marito e moglie. È stato detto che non vi è nulla di sorprendente in una giovane coppia innamorata; la sorpresa è data da una vecchia coppia innamorata. Conosco parecchie coppie attempate che sono innamoratissime e che certamente avvertono una reciproca ispirazione sessuale. Forse i loro rapporti fisici non hanno lo stesso significato rispetto a decenni fa, ma la loro sessualità è viva e potente e produce un amore coniugale più profondamente unitivo che non in precedenza. L'amore del marito è stato ispirato dallo sviluppo della donna nella moglie, provocato dallo sforzo di una vita per commisurarsi con la pienezza della femminilità; e, analogamente, l'amore della moglie dallo sforzo del marito di essere uomo.
L'idea corrente è che i coniugi, anziché considerarsi l'un l'altro come differenti, dovrebbero vedersi solo come uguali. Questo atteggiamento è insufficiente, poiché non possono mai esserci vera felicità e durevole matrimonio se il marito non può stimare sua moglie e apprezzarla per alcune qualità che egli è consapevole di non avere (o almeno di non possedere in egual misura), e se la moglie non stima il marito e lo apprezza per alcune qualità che costituiscono un apporto e un acquisto per la propria vita.
Certamente essi possono stimarsi per alcune qualità che non hanno alcun rapporto con la sessualità: per esempio, buonumore e intelligenza. Se entrambi i coniugi sono molto intelligenti, questo può produrre interazione e supporto reciproco, ma può anche suscitare invidia; ciò può accadere in special modo se uno è più intelligente e l'altro non presenta qualità «compensatorie». Come regola generale, non è bene che marito e moglie competano l'uno con l'altro nello stesso campo di attività (l'eccezione è rappresentata dal competere nell'amore reciproco). La mascolinità e la femminilità non consistono nel competere l'uno contro l'altro. Si può spiegare meglio questo fatto dicendo che essi non appartengono alla stessa classe e perciò non devono partecipare alla medesima gara. Oppure, in modo forse più idoneo, dire che sono della stessa classe e prendono parte alla medesima gara, non però da antagonisti, ma come compagni di squadra che corrono insieme. È l'uomo in quanto uomo che motiva la donna a essere donna. Quando un uomo corre veramente come un uomo, provoca l'ammirazione della moglie; ed essa, quando corre come una donna, lo eccita. Inoltre, quanto più la moglie è donna, tanto più essa motiva suo marito a essere uomo, e viceversa. Una spiccata sessualità suscita emulazione. Essi possono vincere come squadra.
Genitori & figli
Lo sviluppo delle personalità maschile e femminile è essenziale per il buon funzionamento della famiglia. Per essere padre bisogna essere uomo, ma non solamente in senso fisiologico o fisico. Per essere madre si deve essere donna. Una delle grandi sfide della vita matrimoniale è l'evoluzione della coppia da coniugi a genitori. Diventare (o evitare di diventare) genitore è facile; essere genitore è difficile. Molti genitori, più o meno inconsciamente, non si rendono conto di quanto sia impegnativo.
Le persone cercano per lo più di avere la stima degli altri. La stima che dovrebbe essere più importante è quella del proprio coniuge e dei figli. Un uomo può adoperarsi per ottenere la considerazione dei suoi colleghi, spesso senza riuscirvi o, se la ottiene, non dura. Ma egli può riceverla molto più facilmente dal figlio o dalla figlia: «Non c'è nessuno come il mio papa». È vero che il tempo e il contatto continuo mettono a prova questa stima e che egli dovrà sforzarsi per conservarla. E tuttavia più facile procurarsela, e di maggior soddisfazione a livello umano profondo rispetto alla stima sociale o professionale. Un padre dovrebbe rendersi conto della sfida che la paternità costituisce per il proprio figlio o figlia. Lo stesso vale per le madri, benché i termini della sfida siano differenti secondo il peculiare ruolo sessuale.
I bambini tendono per natura ad avere rispetto per i loro genitori, sebbene ovviamente essi abbiano bisogno di genitori nei confronti dei quali possano avere rispetto. Questo rispetto è strettamente connesso al fatto che si aspettano qualcosa di speciale dai loro genitori, benché occorra tener presente che normalmente essi non si aspettano, ne di solito potrebbero ricevere, le stesse identiche cose sia dal padre che dalla madre.
Quando, come oggi sembra accadere spesso, le persone hanno paura di adorare Dio o guardano a Lui con sfiducia, le loro vite sono segnate da una solitudine che, anche se non appare in superficie, è presente nel profondo. Adorare Dio e aver fiducia in Lui viene reso però più agevole dalla venerazione e dalla fiducia verso i propri genitori. All'inverso, quando una persona non può avere rispetto o fiducia verso i propri genitori, è difficile che possa sviluppare un atteggiamento adeguato nei confronti di Dio.
I giovani hanno bisogno di un padre che incarni in un certo senso la paternità di Dio: un'autorità che ispira fiducia poiché promana dall'amore. Essi non hanno meno bisogno di una madre che sia in grado di incarnare la maternità di Dio: la sua comprensione e il suo soccorso alla nostra debolezza, essendo Dio nostro amorevole rifugio [9]. I ruoli sono malamente distorti quando i genitori fanno a gara nell'affermare la propria autorità, ma non nel dare ai figli il loro sostegno. Nella donna c'è quasi l'istinto a essere di conforto e di rifugio, ma oggi parecchie donne trascurano di svilupparlo e respingono persino l'idea che la donna abbia una speciale capacità di aiuto, come se il riconoscerlo fosse un'ammissione di debolezza della donna e non invece la franca dichiarazione che — stante la debolezza di tutti noi — abbiamo bisogno di quel sostegno che spesso solo la donna può offrire.
E un immenso valore per la vita familiare quando la complementarità sessuale ha avuto un armonico sviluppo nei genitori [10].1 figli avranno allora la possibilità di sottoporre i loro problemi ai genitori, ai quali ricorreranno per questo o quel motivo. Non avrebbero molta confidenza e fiducia in genitori che dessero loro la sensazione di essere impegnati in una lotta di potere.
Non si può passare oltre questo tema senza rilevare quanto sia oggi diffusa la perdita del senso che la paternità sia un privilegio. Mi si lasci esprimere un'impressione frutto di esperienza. Si possono ancora trovare uomini desiderosi di paternità, che sperano di diventare padri o sono orgogliosi di esserlo. Posso sbagliare, ma sono incline a ritenere che ci sia un minor numero di donne desiderose di maternità, un minor numero di ragazze che intuiscono che diventare madre rappresenta una grande realizzazione. Ciò, se vero, è particolarmente grave per lo sviluppo dell'identità sessuale femminile.
Perdere il senso che essere genitori costituisce un grande mezzo di realizzazione della persona è più tragico nel caso della donna, poiché il lodevole vanto della maternità attinge un livello più profondo rispetto a quello della paternità. La maternità richiede molto di più alla donna; la donna conferisce un più grande apporto di sé diventando genitrice ed ha una parte più importante nel realizzare l'opera della creazione" [11]. L'uomo ne è consapevole. Fra tutte le ragioni che possono far sì che un uomo si renda conto che la donna è unica, nessuna è più valida del fatto che essa è la madre dei suoi figli. Ormai molte donne rinunciano a questo titolo particolare nella venerazione del proprio marito. Al riguardo sembra che il nostro mondo moderno abbia perso di vista un aspetto primario della sessualità: se nulla rende un uomo tanto rispettoso di una donna quanto la maternità è perché la maternità sottrae la donna alla categoria di un oggetto da possedere, situandola in quella della realtà da venerare. La sessualità separata dal riferimento alla paternità viene defraudata della sua dimensione misteriosa e sacrale, il che attiene con particolare vigore alla maternità. In nessun altro aspetto appare il mistero e la gloria di esser donna quanto nella sua capacità di madre. Pochi uomini non sono commossi da questo mistero. Oggi invece non sembrano molte le donne che se ne gloriano.
Infanzia & adolescenza
Per un bambino o un adolescente non basta il passare degli anni per diventare un adulto con una completa identità sessuale. L'intelligenza e la volontà sono costantemente coinvolte in questo processo. I modelli da emulare devono essere davanti agli occhi della giovane persona, particolarmente nella fase dell'adolescenza, e devono essere modelli adeguati. È molto importante, fra i dieci e i vent'anni, avere degli eroi e delle eroine che valga la pena di imitare. C'è da essere sorpresi dell'influsso che esercitano, per esempio, alcuni o alcune popstars sullo sviluppo e l'identificazione sessuale.
Nessun ragazzo diventa uomo se non passa attraverso un'adolescenza nella quale si renda conto delle peculiarità di un uomo, raccolga la sfida della mascolinità e venga aiutato ad affrontarla. Analoga sfida si propone alle ragazze, che devono fronteggiare un periodo più faticoso che non i ragazzi per raggiungere la propria identità sessuale. Nessuna ragazza può diventare donna senza modello o modelli che rappresentino per lei esempi di femminilità. Una corretta educazione sessuale deve identificare le qualità distintive dell'esser uomo e dell'esser donna, presentarne dei modelli ai giovani e cercare di provocare in loro una risposta volontaria e personale.
Comprensione, sensibilità, tenerezza, gentilezza... In modo conscio o inconscio, un uomo cerca qualità di questo tipo in una donna. Se va al matrimonio e non le trova nella moglie, sopraggiunge la delusione; il matrimonio potrebbe finire con una rottura. Vi sono oggi ragazze incoraggiate a capire che la loro capacità di rapporto con gli altri dipende dallo sviluppo non solo delle proprie abilità umane, ma anche della sensibilità femminile, del carattere femminile, delle qualità femminili; che il fine loro non è di essere mascoline come gli uomini — la qual cosa è esattamente ciò che segna un femminismo distruttivo —, ma di essere femminili come le donne? In ampia misura la società non fornisce loro questo incoraggiamento. Lo trovano a scuola? Ma, ciò che più importa, lo trovano in famiglia?
Educazione
La Chiesa ha sempre cercato di ricordare ai genitori che l'educazione dei figli non compete unicamente alla scuola. Al contrario, i genitori stessi sono i principali educatori, non per insegnare ai propri figli matematica o fisica ne per importuni insegnamenti generali intorno alla vita, ma soprattutto perché possono insegnar loro talune peculiari relazioni umane, la cui esperienza è la chiave per una corretta integrazione nella futura vita sociale: il rapporto familiare del figlio col padre e con la madre, della figlia col padre e con la madre, del fratello con la sorella e della sorella con il fratello.
Giovanni Paolo II, nella Familiaris consortio, afferma: «il servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente su una cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale: la sessualità, infatti, è una ricchezza di tutta la persona — corpo, sentimento e anima — e manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé nell'amore» (n. 37).
Si può forse dire che i ragazzi e le ragazze siano oggi sessualmente meglio educati: che siano cioè più consapevoli di che cosa significhi veramente l'identità e l'espletamento della sessualità umana di un giovane o di una giovane e si sforzino di acquisire le qualità che li possono identificare nei rispettivi ruoli sessuali?
«Orsù, sii uomo!». La maggior parte dei ragazzi, e quindi molti uomini, hanno un'idea abbastanza chiara di che cosa ciò significhi. I ragazzi hanno bisogno di sentirselo dire spesso. E di solito sono perfettamente consapevoli di quando falliscono nell'affrontare la sfida di agire come un uomo.
«Orsù, sii donna!». Come mai questo incoraggiamento non viene abitualmente usato? Forse perché in passato alle ragazze non si insegnava a esser donne o perché erano insoddisfatte di esser tali? O non piuttosto perché le ragazze e le donne, fino a epoca recente, avevano un senso naturalmente sviluppato della propria identità femminile, così da non rendere necessario che si proponesse loro la sfida dell'esser donna (che è naturalmente una sfida altrettanto importante quanto quella dell'esser uomo)?
Oggi è una sfida che va proposta di nuovo. Assai emblematicamente, le ultime persone che possono proporla sono le femministe. È molto significativo. Sembra che le femministe non siano affatto contente di ciò che caratterizza la donna; probabilmente non sono neppure in grado di individuarlo. Se, come penso, esse non sfidano le donne a esser donne è perché, a parer mio, non sono contente di esser donne.
Pochi genitori — ancor oggi — sarebbero timorosi di dover dire a un loro figlio di essere energico o coraggioso, osservando che il coraggio è una virtù maschile. Invece molte madri sarebbero oggi riluttanti a dire a una loro figlia di essere diligente o premurosa, rilevando che la delicata sollecitudine verso gli altri è una qualità femminile. Forse esse implicitamente ritengono che la delicatezza sia inferiore al coraggio? A me sembra ovvio che le due qualità sono distinte, come pure che l'una è tipicamente femminile e l'altra tipicamente maschile; non accetto però che l'una sia umanamente inferiore all'altra, o meno importante per la vita personale e sociale.
Figli & figlio nei confronti dei genitori
A mano a mano che il bambino cresce, la risposta nei confronti dei genitori si modella normalmente in base alle caratteristiche degli atteggiamenti del padre e della madre. Un atteggiamento filiale verso i genitori dovrebbe essere contrassegnato da una speciale forma di amicizia, fondata sul rispetto e sulla riverenza. Se si volesse generalizzare e dire che il padre suscita di preferenza rispetto e la madre riverenza, saremmo ancora di fronte a un'espressione di complementarità; solo un'antropologia distorta discuterebbe su quale dei due atteggiamenti sia superiore.
Uno dei punti salienti nell'insegnamento del beato Josemaría Escrivà sulla famiglia è che i genitori devono imparare a essere amici dei propri figli. Ciò implica un notevole sforzo, dal momento che i punti di vista e i gusti dei figli cambiano rapidamente, soprattutto negli anni più critici dell'adolescenza, così che i genitori non potranno essere loro amici se non mostrandosi tanto flessibili e agili da sintonizzarsi con essi. Se i genitori si sintonizzano, i figli normalmente corrispondono.
Probabilmente, col passar del tempo un figlio tenderà a essere più vicino al padre e una figlia alla madre; ma non è necessariamente così, ne lo è per ogni tipo di comunicazione all'interno dell'amicizia. Ogni genitore che in un particolare momento si trovi più vicino a un figlio o a una figlia deve spesso aiutarli a migliorare il loro rapporto con l'altro genitore. Naturalmente, nonostante tutti gli sforzi dei genitori, a volte i figli non corrispondono e mantengono le distanze. I genitori che siano veramente uomini e donne, e che si amino reciprocamente, trovano di solito la via per superare queste difficoltà passeggere.
E normale che un figlio abbia una speciale devozione per la madre e che, crescendo, assuma un atteggiamento protettivo nei suoi confronti. E questo un insulto alla sua debolezza o non piuttosto un tributo alla femminilità? Non dovremmo esser consapevoli del pericolo di cavillare su che cosa potrebbe essere per noi motivo di vanto? Lo stesso dicasi per quanto accade spesso, e cioè che una volta che la figlia sia cresciuta il padre tende a cercare tenerezza anche in lei e non solo nella propria moglie; è questo un tributo alla mascolinità paterna di lui e alla femminilità filiale di lei.
Fratelli & sorelle
Un àmbito particolarmente importante è quello dei rapporti tra fratelli e sorelle. Samuel Johnson, il grande filosofo e letterato inglese del secolo XVIII, non avendo fratelli o sorelle, confessava a un amico che invidiava coloro che ne avevano e si meravigliava vedendo come apprezzassero così poco quel dono e spesso lo sciupassero. «Noi diciamo alle donne che le buone mogli rendono buoni i mariti; credo che sia più vero che i buoni fratelli rendono buone le sorelle» (Vita, I, 198). Sono d'accordo con Johnson, ma ritengo che sia ancor più vero che le buone sorelle rendono buoni i fratelli. Sono pochi i ragazzi che non vengono influenzati da una buona sorella.
L'importanza dei rapporti tra fratelli e sorelle ha anche una dimensione sociale oltre a quella personale. Ciò è evidente se si esamina la situazione in cui tali rapporti non sono possibili, come oggi accade sempre più di frequente nelle famiglie a figlio unico. In passato tale situazione era piuttosto eccezionale; oggi in molte parti del mondo occidentale è pressoché la norma. Forse non abbiamo ancora valutato (benché s'incominci a farne esperienza) gli effetti sociali di una simile iniziazione familiare all'esercizio della fraternità. Cresce il pericolo che al termine «fraternità» non resti se non un mero contenuto ideologico, esistenzialmente incomprensibile alla maggior parte delle persone che, nell'infanzia e nell'adolescenza, non hanno mai saputo che cosa significhi avere un fratello o una sorella [12]. Da dove trarre l'ispirazione o l'esempio che possa insegnar loro che cosa significhi trattare gli altri fraternamente? Fratelli e sorelle hanno la naturale tendenza a litigare tra loro, ma anche a difendersi reciprocamente dagli estranei. Per un ragazzo dovrebbe essere una cosa normale difendere la propria famiglia: specialmente la madre e, in diverso modo, le proprie sorelle. È questo segno di mascolinità, non di superiorità. È un segno di interdipendenza e di solidarietà [13]; oltretutto, è un segno della grandezza del debito che egli sente di avere verso di loro.
Ora, sebbene ritenga che anche oggi le sorelle difendano i loro fratelli, ho una certa impressione che i fratelli non siano altrettanto pronti nel difendere le loro sorelle. Se essi vanno perdendo questo loro istinto naturale, ciò è forse parzialmente dovuto al fatto che non è stato loro insegnato a comprendere e a rispettare il mistero della femminilità, che un ragazzo può con maggior facilità scoprire nella propria sorella. È altresì vero che quando le ragazze vengono incoraggiate a essere seducenti sessualmente e non con la loro femminilità, ai ragazzi e persino ai loro fratelli sembra che esse abbiano rinunciato a pretendere rispetto.
La relazione fra uomo e donna ha il significato di un reciproco arricchimento delle rispettive personalità, non di un rapporto strumentale o di illecito profitto. Abbiamo parlato all'inizio di educazione sessuale. Se il termine «educazione» viene usato nel senso appropriato di preparazione alla vita civile, è sessualmente ineducato chi non ha imparato che il rispetto è essenziale se si vuole che le relazioni tra i sessi abbiano un carattere umano. Lo stesso vale per chi non ha imparato che tale rispetto va costruito e che può essere facilmente distrutto. Nessun ragazzo viene rispettato dalle ragazze se egli da loro la sensazione di volerle semplicemente usare; e nessuna ragazza viene rispettata dai ragazzi se permette loro di essere usata.
Sembra che oggi alcune ragazze ignorino la differenza tra l'essere attraenti con la loro femminilità e l'essere sessualmente provocanti. Non essere consapevoli della natura dell'attrazione che si può esercitare, della differenza fra l'essere ammirata o l'essere semplicemente desiderata, rivela una lacuna nella comprensione della sessualità: la mancata comprensione, da parte della ragazza, non solo della sessualità maschile, ma anche di un elemento importante per la sua crescita nell'identità sessuale propriamente femminile. Il pudore è qualcosa di profondamente radicato nella natura di una ragazza ed è destinato a svolgere una non piccola parte nel suo sviluppo come persona; ma esso può subire una progressiva erosione sotto l'influenza della moda o della pressione esterna, combinate con la mancanza di guida da parte dei genitori o di consiglio da parte dei fratelli.
Le sane inclinazioni di una donna sono una notevole fonte di forza. Ma, come nel caso dell'uomo, quelle buone inclinazioni devono essere esercitate. Quando II beato Josemaria Escrivà, nelle pubbliche sue esortazioni a donne e ragazze, toccava questi punti del buon senso e del pudore femminili, riassumeva spesso le proprie argomentazioni in una semplice frase: «Vi sarà sufficiente essere donne». Egli faceva appello all'autentica femminilità. Era un semplice richiamo all'autenticità: a trarre dalla profondità della propria natura il desiderio di trovare la propria identità anche nella sessualità e a non perdere tale identità sotto la pressione dei media, degli altri o della moda.
In conclusione la sessualità umana, non solo nell'identificazione (e nella conseguente differenziazione) individuale come femminile o maschile, ma anche nella complementarità tra l'una e l'altro, da un'immagine di Dio. Non si può dire che i tratti caratteristici della mascolinità «esprimano» o «diano un'immagine» di Dio più di quelli femminili, o viceversa. Ciascuno di essi, ripeto, è un'immagine parziale; insieme, nella loro reciproca complementarità, formano la più completa (benché sempre limitata) immagine che Dio intese.
Naturalmente ciò significa pure che la crescita nella personalità e nell'umanità è fortemente limitata se ogni persona, pur identificandosi pienamente col proprio genere, non cerca, oltre che di comprendere, di imitare e di acquisire le virtù più peculiari dell'altro sesso. Anche questo rientra nel necessario processo di identificazione sessuale, poiché ci sono modi maschili di vivere le qualità femminili e modi femminili di vivere quelle maschili. È un impoverimento per ciascun sesso non comprenderlo e non rispondere alla sfida che ciò rappresenta.
Una perdita di autentica mascolinità o di autentica femminilità significa una perdita di varietà e di ricchezza per l'umanità. Un mondo che non incoraggi gli uomini a essere più virili e le donne e essere più femminili non è il mondo che Dio vuole che sia. È un posto troppo impoverito per crescere, per imparare a essere creature umane, per trovare Dio adombrato nei capolavori della creazione visibile.
La relazione tra i sessi si delinea pertanto come un fattore fondamentale di umanizzazione delle persone e della società: gli uomini e i ragazzi imparano ad apprezzare, rispettare e trarre arricchimento da quelle caratteristiche che sono specificamente «a immagine di Dio» nella natura femminile armonicamente sviluppata; le donne e le ragazze arrivano similmente a un positivo e arricchente apprezzamento di quelle altre caratteristiche, anch'esse «a immagine di Dio», che compaiono nella mascolinità autentica. Gli uni e gli altri, gli uomini e le donne, attraverso la differenziazione e la complementarità, acquisiscono una più profonda comprensione della vita: della sua origine, del suo significato e del suo fine ultimo.
NOTE
[1] Ciò è particolarmente vero se si sottolineano i ruoli femminili, anche — come mi auguro— per ammirarli.
[2] Cfr Veritatis splender, nn. 35 ss.
[3] Sempre ricordando che «Dio trascende la distinzione umana dei sessi. Egli non è ne uomo ne donna. Egli è Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 239).
[4] Ibidem, n. 369.
[5] Udienza generale, 21 novembre 1979.
[6] Le parole del Signore «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!» (At 20,35) indicano una norma per lo sviluppo della persona umana e per la sua felicità. E più importante dare che ricevere. La crescita in umanità, l'umanizzazione degli individui e della società, dipende dalla capacità di donare e dalla donazione reale di ciascuno. Le situazioni sessuali dovrebbero essere dense di interrogativi sulla nostra capacità di dare. Il problema della sessualità nelle attuali condizioni sta nel fatto che è una forza più incline a prendere e meno a dare. L'educazione o formazione sessuale deve tendere a motivare le persone nel rispondere nobilmente alle sfide di donazione presenti nelle molteplici situazioni sessualmente differenziate che caratterizzano la vita; nonché a resistere alle pressioni dell'egoismo che possono anche provocare, oltre che a far capire in qual misura e modo si possa prendere ciò che il sesso ha da offrire ed essere così gratificati.
[7] «Si ritiene comunemente che la donna più dell'uomo sia capace di attenzione verso la persona concreta» (Giovanni Paolo II, Mulieris dignitatem, n. 18).
[8] Cfr Covenanted Happiness: Love and Commitment in Marriage, Ignatius Press, 1990, pp. 30-52.
[9] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 239. Per inciso, si potrebbe qui notare la particolare debolezza di una famiglia con un solo genitore, in cui i figli non hanno la possibilità di imparare a stabilire un rapporto col padre e con la madre e di percepirne le differenze.
[10] Dobbiamo qui accennare ali 'interazione tra logica e intuizione. Si dice che gli uomini siano più logici (benché conosca parecchi uomini che sembrano negare questa affermazione), e che le donne abbiano generalmente maggiore capacità di intuizione. La logica e l'intuizione non vanno confuse con l'intelligenza, benché ambedue possano condurre a capire persone e situazioni. Sebbene sia più facile essere logici che veramente intuitivi, dovremmo tutti cercare di avere entrambe le qualità e di fondere le risorse dell'una e dell'altra. Nelle situazioni ottimali di parecchie famiglie si nota un 'effettiva interazione fra le due. E necessario essere logici, ma ancora più importante è saper cogliere i fattori umani che vi sono coinvolti. Le situazioni familiari, in particolare, trovano di rado una buona soluzione nella mera logica; spesso l'intuizione colma le lacune, così da giungere a una più profonda intelligenza.
[11] La maternità «realizza da parte della donna uno speciale "dono di sé"», così che una madre «esprime la gioia e la consapevolezza [...] di partecipare al grande mistero dell'eterno generare» (Mulieris dignitatem, n. 18).
[12] Cfr A. Sicari, La famiglia: luogo di fraternità, in «Communio», 20 (1993), p. 303.
[13] Solo un atteggiamento di autosufficienza distruttivo delle relazioni interpersonali, degli affetti, della famiglia e della società nega l'interdipendenza, nelle varie modalità ed espressioni in cui si può estrinsecare.